Dalla Torre

Caro diario,
oggi ho portato lo zio a prendere una boccata d’aria. Era una bella giornata primaverile, siamo saliti sulla vecchia torre e lì abbiamo spalancato le finestre che danno sulle colline ormai verdi. I raggi del sole ci hanno accarezzato le gote.

Ė sempre bello poter apprezzare la vista dalla torre. Lo zio mi ha chiesto di descrivergli il panorama, anche se lo ricordava benissimo. Da quando ha perduto la vista sono gli odori a dargli conforto, il suo è ormai un mondo di ombre e ricordi. Ho cominciato con il podere dello zingaro, poi con la torre del paese e via via con gli altri villaggi arroccati sulle colline vicine, tutti simili ma non uguali, chi ha in cima una chiesa dalla mossa facciata barocca, chi ha resti di mura di un antico castello.

Lo zio era molto contento di poter godere dell’aria fresca e del sole.Mentre eravamo lì mi sono sentito improvvisamente triste, peccato che non possa più vedere quanto è bello il mondo. Poco dopo mi ha chiesto di leggere il suo libro preferito ad alta voce, e così ho fatto, cercando di scandire bene le parole, ma lui si è addormentato, e anch’io, lo confesso. Il campanile ha battuto le ore e mi sono svegliato di soprassalto.

Lo zio non era più seduto accanto a me ma c’era ancora il suo bastone bianco appoggiato sul davanzale di una delle finestre. Dove poteva essere andato da solo? Mi sono precipitato nella tromba delle scale e niente, sono sceso a rotta di collo sino all’uscio della torre e ho gridato il suo nome, nulla, sembrava sparito, dissolto nel profumo dell’erba e della terra intiepidita dal sole.

Ero molto preoccupato, poi ho sentito una voce:- svegliati, svegliati o farai tardi a scuola – era la mamma. Mi sono stropicciato gli occhi e sono sceso dal letto. Era stato un sogno, peccato, mi manca molto lo zio.

  • L’opera: Jessie Boswell, Le tre finestre (La pianura della torre), 1924, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
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